Dinanzi al Prefetto, al Questore e alle altre autorità civili e militari, con tutti i rappresentanti del territorio.
Una commemorazione pensata per spingere ad una riflessione personale, un’omelia incentrata su ciò che di drammatico è accaduto 80 anni fa ma proiettata sulle tante, troppe guerre e distruzioni che ancora sconvolgono il mondo. Purtroppo, anche in Paesi a noi vicini, come l’Ucraina. Questa mattina, nell’Abbazia di Montecassino si è celebrata la messa in ricordo delle vittime civili e di guerra di quel 15 febbraio 1945 che ridusse il monastero in un cumulo di macerie.
A dare il senso di quella tragedia, le parole dell’Abate emerito di Montecassino e Arcivescovo emerito di Gaeta, Bernardo D’Onorio, da ieri cittadino onorario di Cassino. E’ stato lui, al fianco del Padre Abate Dom Luca Fallica, a presiedere la celebrazione eucaristica nella Basilica Cattedrale in cui si sono riunite in preghiera autorità civili e militari, ma anche studenti della Scuola San Benedetto di Cassino e componenti del Corteo Storico Sancti Benedicti.
Proprio due realtà fortemente volute, al tempo, dall’Abate Bernardo.
“Sono passati, dunque, ottanta anni dall’insensato bombardamento che Montecassino subì nel secondo conflitto mondiale e lo ricordiamo oggi ancora con immenso dolore. Ma perché proprio Montecassino? Ancora oggi ce lo domandiamo e tentiamo di dare qualche risposta, ma nessuna spiegazione di carattere politico o militare riesce a giustificare un gesto così insano” ha sottolineato.
“Oggi vogliamo mettere nelle mani dell’Onnipotente tutte le persone cadute nella seconda guerra mondiale, tutti i civili e i militari che persero la vita lungo la linea Gustav, da Ortona al fiume Garigliano e poi qui a Montecassino, nella città martire di Cassino e in tutto il suo circondario. Allo stesso tempo facciamo pure memoria delle vittime innocenti della Shoah e di tutti gli uomini, donne e bambini uccisi in tempi recenti nella guerra in Ucraina, nel Medio Oriente e in altri 50 Paesi del mondo”.
“Oggi 15 febbraio 2024 il nostro ringraziamento si scioglie in una anamnesi nella quale facciamo memoria si della triste distruzione dell’abbazia di Montecassino ma anche della sua ricostruzione, e così della amata Cassino, che una volta solo adagiata alle pendici di Rocca lanula e Monte Maggio, ora invece estesa come una grande città, operosa e baciata dal sole.
Cantiamo la nostra gioia pensando al celebre motto Succisa Virescit; l’abbazia è risorta, forse più bella di prima, voluta “come era e dove era” dall’indimenticabile abate Ildefonso Rea che così realizzava, con rara competenza, il programma di ricostruzione A suggellare il monastero risorto fu la presenza il 24 ottobre 1964 del papa Paolo VI, il quale sulla scia dei suoi predecessori riconsacrò questa magnifica cattedrale che richiama la precedente basilica dallo stile inconfondibile di arte barocca napoletana. È proprio da questa cattedra che papa Montini proclamò S. Benedetto patrono principale dell’Europa, evento di portata storica e di alto significato per la vita monastica e civile”.
“Chi viene a Montecassino è subito accolto dal motto Pax che è augurio e sollecitazione non solo per monaci anche per molti altri. L’invito è rivolto anche ai signori della Città, cioè a coloro che gestiscono la Res Publica affinché abbiano intelligenza e coraggio di cercare nell’oasi del monastero quella forza spirituale necessaria nei momenti difficili delle scelte.
In questo luogo sostanziato dalla preghiera e dal lavoro, i fedeli saranno anche invasi nell’animo “dal corteo dei ricordi antichi, delle tradizioni secolari, dei vessilli della cultura e dell’arte, delle figure di Pastori, degli abati, dei monaci e dei Santi!” che per secoli hanno caratterizzato la Terra Sancti Benedicti.
A Montecassino parlano ancora le antiche mura poligonali e con esse le nuove, quelle della ricostruzione avvenuta per merito dello Stato italiano. Ed è stata la pace che le ha fatte risorgere”.
Al termine della celebrazione, il saluto del Padre Abate Dom Luca, che tra le significative parole del suo discorso ha inserito: “Nel corso di quest’anno ci apprestiamo anche a celebrare, il prossimo 24 ottobre, il sessantesimo anniversario della consacrazione di questa Basilica, dopo la sua ricostruzione, da parte di san Paolo Vi, che in quell’occasione proclamava san Benedetto patrono principale d’Europa con la Lettera apostolica Pacis nuntius.
Definendo san Benedetto ‘messaggero di pace’ affidava anche a noi monaci, suoi discepoli, l’impegno a far sì che il nostro motto ‘Pax’, pace, fosse posto al centro della nostra preghiera, del nostro impegno di vita, della nostra incessante preoccupazione, in particolare attraverso quelli che sono stati e rimangono simboli caratteristici della presenza della vita benedettina nella storia europea e non solo. San Paolo VI li ricordava: la croce, e dunque una spiritualità fortemente pasquale; l’aratro, come segno del lavoro e dell’impegno nella storia, il libro, simbolo di una responsabilità culturale e di dialogo con il pensiero e la ricerca umana”.