L’ingiustizia ha “quel sapore amaro che ti fa capire l’importanza di avere una giustizia, una magistratura indipendente, autonoma. Perché il potere deve avere un limite”.
“Questo libro è stato scritto per voi. Sono riuscito a fare quello che ho fatto grazie a dei modelli. E vi dico che le parole non servono a niente, perché noi abbiamo bisogno di fatti e voi giovani di esempi concreti. Non di chiacchiere inutili”.
Con queste parole e con la profonda gratitudine per le centinaia di giovani studenti che hanno affollato l’Aula Magna Federico Rossi dell’Università di Cassino e del Lazio meridionale, il procuratore capo di Frosinone, Antonio Guerriero ha chiuso la presentazione del suo libro autobiografico “Il sapore dell’ingiustizia. Indagini su mafia, terrorismo e corruzione nell’esperienza di un P.M.”.
Un libro concreto, autentico, fatto di passione per il proprio lavoro-missione ma anche colmo di sentimenti controversi: coraggio, angoscia, determinazione. Ci sono dei modelli di riferimento, tra cui in primis quello dell’ex procuratore capo di Avellino Antonio Gagliardi, miracolosamente sopravvissuto insieme all’autista ad un drammatico agguato camorristico nel 1982.
Ferito da decine di proiettili, il 93enne Gagliardi (insignito di medaglia d’oro al valore) ha ricordato quei momenti alla platea, sottolineando come al suo capezzale giungesse per primo proprio Guerriero, prima suo sostituto e poi procuratore capo. Un rapporto filiale, non solo professionale il loro. Un’amicizia profonda che ha condizionato positivamente la vita di entrambi e che ancora oggi rappresenta un punto di riferimento imprescindibile.
Nel libro, che il prof. Amedeo Di Sora ha proposto al pubblico attraverso la lettura di numerose e significative pagine, si parla anche della scoperta dei mandanti di quell’azione criminale e dell’inizio di una esistenza fatta di minacce personali e familiari, di denunce anonime subite per screditare l’onorabilità proprio dello stesso Guerriero.
“Quando colpisci il potere – ha sottolineato l’autore del libro – il potere cerca di isolarti. La nostra generazione di magistrati, quella di Giovanni Falcone, Francesco Cafiero, Franco Roberti, ha dovuto affrontare tre problemi enormi, da far tremare i polsi: un territorio comandato in modo militare dalla criminalità mafiosa, in cui non si respirava se non lo voleva la criminalità organizzata, il terrorismo e una corruzione dilagante. E si chiedeva a noi di contrastare fenomeni così enormi che incidevano sul sistema democratico.
Quando discutiamo della prossima riforma costituzionale, dell’indipendenza dei pubblici ministeri, stiamo discutendo di quale Stato noi vogliamo: vogliamo uno Stato in cui anche il più debole, anche quello che non ha santi in paradiso abbia una giustizia o vogliamo una giustizia solo per i più forti, per quelli che hanno potere? Noi eravamo una generazione di magistrati che non aveva come riferimento il potere, ma solo la Costituzione. E la Costituzione ci dice, all’art. 2, che va tutelato innanzi tutto il più debole”.
E poi c’è l’ingiustizia, che ha “quel sapore amaro che ti fa capire l’importanza di avercela una giustizia, una magistratura indipendente, autonoma, perché il potere deve avere un limite. Quando il potere travalicava il proprio limite, noi colpivamo chiunque. Non perché ci facesse piacere, ma perché il sistema democratico ce lo richiedeva. Noi dobbiamo operare in modo rispettoso dei diritti dei cittadini, rispettando le regole, evitando forme di ingiustizia anche attraverso i processi. Dobbiamo agire nella coscienza di non commettere errori, perché il cittadino che subisce una ingiustizia attraverso il processo rappresenta un danno enorme che non possiamo permettere.
Dobbiamo agire con correttezza nei confronti delle regole e nel rispetto anche degli indagati. Il nostro lavoro abbiamo cercato di farlo, adesso tocca a voi prendere il testimone, questa fiaccola della giustizia che non guarda in faccia a nessuno, neanche ai prepotenti”.
Parole che sono arrivate a destinazione, a quella platea di giovani che ha bisogno di punti di riferimenti certi e che all’interno dell’università trova modi e spazi per dialogare, dibattere, confrontarsi e soprattutto informarsi prima ancora che formarsi.
La presentazione del libro del procuratore capo Antonio Guerriero è stata curata dal prof. Luigi Di Santo, presidente del Corso di Laurea in Servizi Giuridici e dal prof. Giuseppe Russo, presidente del CdL in Economia e Diritto d’Impresa. Hanno portato i loro saluti il Rettore Marco Dell’Isola, il Direttore del Dipeg Enrica Iannucci, il presidente del CdL in Giurisprudenza Giancarlo Scalese, ha portato il suo contributo il preidente dell’Ordine Forense di Cassino, l’avvocato Giuseppe Di Mascio.
E’ intervenuto il Prefetto di Frosinone, Ernesto Liguori, hanno presenziato il Questore Domenico Condello, numerose autorità militari e civili, il sindaco di Frosinone Riccardo Mastrangeli, il presidente della Provincia Luca Di Stefano ed il Vescovo di Sora, Cassino, Aquino e Pontecorvo, Mons. Gerardo Antonazzo. Ha coordinato i lavori, con estrema cura e grande sensibilità, la dott.ssa Valeria Altobelli.