Per curare un male è necessario, innanzitutto, conoscerlo. Si è capito che la qualità, pessima, dell’aria in provincia di Frosinone rappresenta un problema cronico che si presenta sistematicamente con picchi che non hanno eguali a livello nazionale. La rete delle centraline dell’Arpa consente di monitorare in tempo reale il livello delle polveri sottili. Sappiamo che c’è un carico di emissioni significativo che va a pesare su un territorio la cui conformazione geomorfologica, quella della Valle del Sacco, non consente di disperdere. Quella che invece sfugge è l’origine del “male invisibile” che avvelena l’aria. La causa. L’alta concentrazione delle Pm10 da cosa dipende? Dai riscaldamenti domestici? Dalle emissioni industriali? Dal trasporto su strada? E in quali proporzioni? Queste domande conducono al cuore del problema.
Assenza di informazioni
Quegli interrogativi, infatti, avrebbero trovato una pronta risposta se la Provincia di Frosinone, così come impone la legge, si fosse dotata di un catasto delle emissioni. Uno strumento fondamentale in un territorio che registra i dati più allarmanti d’Italia sull’inquinamento atmosferico. Ma a quanto pare è chiedere troppo, anche quando si parla di salute pubblica. In questo senso ancora più esplicita è la stessa Arpa che nella relazione sulla qualità dell’aria di Sora riferita al 2014 presentata nel luglio dello scorso anno scrive quanto segue: «Le informazioni relative alle varie, numerosissime e ben poco note emissioni presenti nella Valle del Sacco (e ciò vale anche per Sora) sono per ora talmente scarse ed imprecise da impedire l’impiego di strumenti modellistici anche raffinati per la valutazione della qualità dell’aria su tutto il territorio. Va detto che il lavoro degli ultimi due anni realizzato dalla Provincia di Frosinone sta facendo emergere un nuovo quadro emissivo, ben diverso da quello finora noto, ben più complesso». La principale autorità di controllo ammette il grave gap informativo. Andiamo bene.
L’inventario delle emissioni
Va però precisato che l’unica banca dati ad oggi disponibile è l’inventario delle emissioni realizzato proprio dall’Arpa. Un lavoro preziosissimo, immane, peccato però che fotografi la situazione del 2010. Praticamente un’era fa. Meglio di niente, comunque, senz’altro utile per farsi un’idea. Permette, anzitutto, di chiarire che il carico emissivo più pesante per quanto riguarda le Pm10 arriva dai riscaldamenti domestici: circa 595 tonnellate all’anno. A seguire c’è il trasporto su strada che in provincia di Frosinone produce circa 230 tonnellate all’anno. Di poco inferiore le emissioni industriali che valgono 212 tonnellate di Pm10. Per farsi un’idea basti dire che in tutti e tre i settori la provincia di Frosinone conta quasi il doppio delle polveri sottili prodotte nella provincia di Latina.
I dati dei Comuni
Ancora più interessanti i dati dei singoli Comuni che presentano situazioni diverse l’uno dall’altro. Mentre infatti il per quanto riguarda il riscaldamento domestico il dato, almeno in percentuale, è omogeneo in tutti i centri, per le altre fonti i risultati cambiano. Nel Comune di Frosinone, ad esempio, pesano di più gli insediamenti produttivi (15 tonnellate di Pm10 all’anno), rispetto al trasporto su strada (11,5), mentre i riscaldamenti schizzano a 84 tonnellate. Nei Comuni di Ferentino e Ceccano, invece, la maggior parte delle polveri sottili rimanda al traffico su strada:10 tonnellate all’anno in entrambi i centri. Mentre gli insediamenti produttivi pesano 5 tonnellate a Ceccano e 2 a Ferentino. A Cassino, ancora, lo smog del traffico veicolare vale 13 tonnellate di Pm10 all’anno, mentre le industrie si fermano a 3 tonnellate. Situazione critica, almeno quella fotografata a suo tempo, quella di Anagni: 16 tonnellate annue di Pm10 dalle industrie; 18 dal trasporto su strada. Atipico invece il caso Sora dove le Pm10 prodotte dalle industrie, all’epoca, erano pari a 70 tonnellate all’anno. Dato, con tutta probabilità, alla vicenda della cartiera Burgo.
Fonte: Ciociaria Editoriale Oggi