Frosinone – Polizia e Carabinieri Forestali smantellano traffico illecito di rifiuti: 9 arresti, sequestri di società e denaro

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La maxi indagine ha preso il via da un vastissimo incendio divampato il 23 giugno 2019 in un impianto di rifiuti dell’area industriale di Frosinone, specializzato nel recupero e nel riciclaggio di rifiuti solidi urbani ed industriali.

L’operazione congiunta della Squadra Mobile della Questura di Frosinone e del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale Agroalimentare e Forestale (N.I.P.A.A.F.) del Gruppo Carabinieri Forestale di Frosinone ha portato a nove arresti domiciliari e al sequestro preventivo di quattro società, sequestro preventivo del profitto pari a circa 2.500.000,00 di euro. Misure decise dal GIP presso il Tribunale di Roma su richiesta della competente Procura – DDA. 

Risultano indagate 41 persone fisiche e 9 persone giuridiche, residenti in diverse regioni d’Italia, per  associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, traffico illecito transfrontaliero di rifiuti, smaltimento illecito di rifiuti, sostituzione di persona e trasferimento fraudolento di valori.

La maxi indagine ha preso il via da un vastissimo incendio divampato il 23 giugno 2019 in un impianto di rifiuti dell’area industriale di Frosinone, specializzato nel recupero e nel riciclaggio di rifiuti solidi urbani ed industriali. Dagli accertamenti emergeva una consolidata associazione finalizzata al traffico illecito di rifiuti e il fascicolo fu trasferito, per competenza, alla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma.

In particolare è emerso come, dal primo gennaio del 2019, all’interno della compagine societaria fosse entrato un noto imprenditore frusinate il quale aveva sostanzialmente cambiato il core business di detta società. Invero, attraverso diverse società di intermediazione campane, l’imprenditore era riuscito ad accettare dalla Campania ingenti quantità di rifiuti che, invece, dovevano essere lavorati in quella Regione.

In particolare l’imprenditore, con i suoi collaboratori e con le società di intermediazione, sfruttando le criticità del sistema di gestione dei rifiuti urbani della regione Campania, favoriva l’abusiva uscita dall’ambito regionale campano di ingenti quantità di rifiuti facendoli confluire presso l’impianto di Frosinone.

Il passaggio transregionale del rifiuto campano veniva effettuato mediante l’artificioso cambiamento del codice identificativo (EER) del rifiuto. I rifiuti urbani venivano riclassificati in rifiuto speciale senza subire un trattamento che ne modificasse realmente le caratteristiche e la composizione (soprattutto senza la stabilizzazione della frazione organica), rendendo in tal modo smaltibile tale rifiuto fuori regione, e aggirando così la normativa che vieta lo smaltimento dei rifiuti urbani fuori dalla regione di provenienza.

I rifiuti provenienti dalla Campania, da qualificarsi come “urbani” nonostante il cambio del codice identificativo EER, transitavano con semplici operazioni di stoccaggio (senza dunque alcun trattamento) presso l’impianto di Frosinone, al fine di farne perdere le tracce; da qui venivano poi trasportati in un altro impianto di  Cisterna di Latina (LT), e da qui, senza ulteriore trattamento, smaltiti come scarti di lavorazione presso una discarica di Colleferro.

Inoltre, dalla lettura dei formulari di identificazione dei rifiuti accettati presso l’impianto di Frosinone, emergeva che molti di questi non risultavano essere accompagnati da analisi e rapporti di prova, rendendo così sconosciuta la reale composizione dei rifiuti stessi. Il totale del quantitativo dei rifiuti erroneamente classificati ammonta a circa 2.550 tonnellate.

L’imprenditore, attraverso i suoi collaboratori, riusciva insomma a controllare, pur non comparendo personalmente, l’impianto di Frosinone, utilizzandolo come sito di stoccaggio dei rifiuti provenienti dalla Campania, e intrattenendo rapporti con il rappresentante dell’impianto di destinazione sito in Cisterna di Latina.

Le indagini hanno accertato che l’incendio dell’impianto di Frosinone non ha segnato la fine del traffico illecito dei rifiuti: l’organizzazione delineatasi intorno all’impianto ciociaro, con a capo un imprenditore locale ed un imprenditore campano quali dominus occulti, ha continuato ad operare su tutto il territorio nazionale ed anche internazionale. I due infatti, forti delle loro conoscenze in quell’ambito, hanno continuato la loro attività di intermediazione ed al contempo si sono dedicati alla ricerca di un sito da trasformare nel nuovo centro dei loro affari.

Dopo un iniziale interesse per un sito a Varese, la scelta è caduta su un capannone ad Aviano (PN) gestito da una società in liquidazione. Lì era stata delocalizzata dall’impianto di Frosinone presso l’analogo stabilimento operante nel medesimo settore.

Parte dei rifiuti accumulati in questo impianto, inoltre, senza essere sottoposti alla benché minima operazione di selezione o di cernita, venivano poi illegalmente redistribuiti presso ulteriori impianti gestiti da soggetti compiacenti, siti anche al di fuori dei confini nazionali, come in Ungheria o Repubblica Ceca, con il medesimo stratagemma della falsificazione del codice CER identificativo della tipologia dei rifiuti.

Alla luce di quanto emerso, in data 12.10.2021 la Squadra Mobile ha eseguito il decreto di perquisizione personale, locale, di sistemi informatici e telematici presso le sedi delle aziende coinvolte bell’ attività illecita, disposto dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Roma, ed eseguendo nella circostanza il sequestro finalizzato alla confisca dell’impianto di Aviano, per un valore di oltre 2.000.000 di euro, divenuto ormai saturo con circa 8500 tonnellate di rifiuti stipati nell’intera area, con il rilevante pericolo di una possibile combustione degli stessi.

A coronamento dell’attività investigativa espletata, le attività di oggi: misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di 9 soggetti residenti tra il Lazio, la Campania ed il Friuli, oltre al sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta delle somme corrispondenti al profitto del reato ovvero il sequestro di beni di valore equivalente nei confronti di 4 società operanti nel settore per un ammontare di circa 450.000 euro; il sequestro preventivo impeditivo e finalizzato alla confisca ex art. 452 quaterdecies comma 5 c.p. delle aziende e delle quote sociali delle 4 società stanziali nel Lazio ed in Campania nonchè il sequestro preventivo funzionale alla confisca diretta delle somme corrispondenti al profitto del reato nei confronti degli autori delle condotte illecite, in contanti ovvero giacenti sui rapporti finanziari attivi ad esso riconducibili, per una somma complessiva pari a circa 2.500.000 euro.

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