Domani, giovedì 9 febbraio, alle ore 15, presso il Tribunale di Cassino, nell’aula della Corte d’Assise, si svolgerà un evento importante, durante il quale il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, interverrà per presentare il suo libro dal titolo “Il contrario della paura”. Un incontro organizzato dalla Procura della Repubblica insieme dall’Ordine degli avvocati di Cassino, il cui presidente, Giuseppe di Mascio, è stato ospite della trasmissione “Diritto di parola” per presentare l’iniziativa. Si dichiara onorato, fiero e orgoglioso di poter ospitare Roberti. «E’ importante che quest’evento si tenga nell’aula di Corte d’Assise del Tribunale perché, simbolicamente, è il luogo dove viene amministrata la giustizia e il tema è strettamente collegato al luogo dove lo tratteremo».
Perché, come suggerisce Roberti nel suo libro, di fronte al terrorismo o alla criminalità organizzata, è di fondamentale importanza sconfiggere la paura? Spiega Di Mascio: «Per qualunque battaglia, per qualunque iniziativa si voglia fare per combattere questi fenomeni, la paura sarebbe un freno. Il problema è come vincere questa paura, come fare in modo che questa paura non prenda le coscienze e i cuori delle persone. Bisogna creare un senso di comunità nella lotta sia all’Isis che alle mafie. Quando c’è un’intera comunità che si riconosce in questi valori, quando le forze dell’ordine si riconoscono in questi valori, quando i magistrati si riconoscono in questi valori, si crea un insieme virtuoso, per cui l’uno conforta l’altro e non ci si sente soli, nei rispettivi ruoli, ad affrontare queste battaglie. Ecco, penso che questo sia il messaggio più importante: questa paura vinta da tutti, insieme, dalla comunità, dalle forze dell’ordine, dai magistrati, consente poi di affrontare bene e in maniera positiva la lotta a questi fenomeni».
Comunità, magistrati e forze dell’ordine… ma anche la politica, naturalmente. Lucia Campoli ha quindi chiesto all’avvocato Di Mascio se, a suo avviso, tutti gli attori in campo stiano svolgendo la loro parte nel modo migliore per contrastare i pericoli che minacciano la nostra sicurezza, in particolare il terrorismo di matrice islamica e la criminalità organizzata. «Per quanto riguarda la comunità, ci sono zone d’Italia in cui è molto difficile essere coraggiosi e collaborare, e altre in cui è molto più semplice. Però questo è un fenomeno di carattere culturale. Qui bisogna intervenire e far prendere coscienza alle persone. La politica… Credo che, al di là dei comportamento di alcuni politici, la politica in sé, negli ultimi anni, abbia legiferato in maniera adeguata. Sono state adottate e previste delle leggi, delle norme, idonee sia a combattere il terrorismo di matrice islamica sia i fenomeni mafiosi e camorristici. Basti pensare a tutte le confische effettuate e via dicendo… Il problema è il sistema giustizia. Al di là dello spirito di abnegazione dei magistrati e delle forze dell’ordine, è un sistema che è povero di risorse, con riferimento sia a mezzi che a uomini. Dato che il punto terminale per combattere questi fenomeni è l’amministrazione della giustizia, bisognerebbe che la politica investisse di più sulla giustizia, ma in maniera forte, con risorse e con uomini, per fare in modo che persone come Roberti e tantissimi altri, che in prima linea combattono questi fenomeni anche rischiando personalmente, abbiano poi a disposizione dei mezzi per portare fino in fondo le indagini che stanno facendo».
Ma volendo scendere dal generale al particolare, alle nostre zone, così di frontiera, contigue a territori dove la camorra impera, qual è la posizione dell’avvocato Di Mascio? E’ tra quelli che pensano che a Cassino le infiltrazioni mafiose siano già molto forti e radicate, oppure appartiene alla schiera di quelli ritengono la città un’isola felice? Ovviamente, la sua risposta non può che risultare articolata: «Premetto che noi facemmo la battaglia per salvare il Tribunale di Cassino e ricordo ancora lo striscione che mettemmo davanti al Tribunale: “Contro la camorra, salviamo il Tribunale”. Questo perché il cassinate ha sempre rappresentato un punto di chiusura tra l’alto casertano e il Basso Lazio. Io sono convinto che a Cassino, come in tantissime altre realtà italiane, ci possano essere presenze di attività legate alla camorra… Però, parlare di criminalità organizzata nel cassinate, di presenza di bande camorristiche, questo assolutamente mi sembra esagerato e penso che chi arrivi a sostenere questo innanzitutto non voglia bene a questa città. E questo lo dico a ragion veduta: ecco, il fatto stesso che ne parliamo in questa trasmissione, il fatto stesso che su facebook, sui social, si sia aperta una discussione sulla camorra, sulle infiltrazioni camorristiche, ci siano persone che prendono posizioni ben precise… è evidente che non ci sia omertà sul tema, e l’omertà è il tessuto connettivo sul quale si sviluppa la cultura camorristica. Quello che manca nella nostra città – grazie a Dio – è proprio questa cultura camorristica. C’è una coscienza civile molto forte tra i cittadini di Cassino, per cui, al di là di qualche fenomeno malavitoso che può esserci, manca però quella connivenza, quell’accettazione culturale di questo sistema. E questo, penso, sia l’elemento più forte a difesa del nostro territorio. Ed eventi come quello che organizziamo domani servono proprio a consolidare questa presa di coscienza, questa capacità dei cittadini del cassinate e di tutta la bassa Ciociaria a non adeguarsi a questi fenomeni, innanzitutto dal punto di vista culturale».
Una Cassino che non ha la cultura camorristica, dunque, dove è radicato quel senso di verità necessario a contrastare le mafie. «Questo senso di verità c’è, perché quando c’è stato qualcosa da denunciare, qualche cosa da dire, è stato denunciato ed è stato detto. Faccio riferimento agli ultimi avvenimenti che hanno toccato l’arresto di alcuni ragazzi che infestavano piazza Labriola, sotto il Tribunale. Al di là dell’entrare nel merito, perché sono persone indagate e bisogna vedere se sono colpevoli o meno, però è un fenomeno che è stato denunciato dai ragazzi, è stato denunciato dalle persone, e le forze dell’ordine sono riuscite a intervenire proprio perché sono fenomeni che sono usciti fuori. Questo per dire che il senso di verità c’è».
Il pensiero dei giovani recentemente arrestati durante l’operazione “La storia infinita” suggerisce a Di Mascio un’altra riflessione che è coerente con l’idea, portata avanti da lui in tutta l’intervista, secondo la quale è la cultura il punto focale di tutte le questioni legati alla legalità: «Io un allarme lo lancerei: direi che, quando si combattono i fenomeni camorristici, bisogna stare pure attenti a che cosa si dice. A questi ragazzi che vivono ai margini della società, che vivono in ambienti degradati, bisogna dare dei modelli positivi, bisogna dare dei modelli corretti. In queste serie televisive, per esempio “Gomorra”, manca, come ne “La piovra”, il commissario Cattani, che è l’eroe positivo. Chi fa questi film, chi scrive questi libri, offre a questi ragazzi dei modelli negativi. Loro trovano in questi film, in questi libri, i modelli da imitare: questo è pericoloso». E precisa ancora, perché sia chiara la responsabilità degli autori: «Crediamo di combattere un fenomeno e invece siamo proprio noi ad alimentarlo». Mentre i ragazzi che sbagliano, se ben indirizzati, potrebbero essere benissimo recuperati.