Cassino (FR) – L’abbraccio della città al Presidente Mattarella. L’emozione, l’atmosfera: Cassino 80° è già storia

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Una città blindata, certo. Ma anche una città accogliente, festosa, generosa di applausi e di entusiasmo per il Presidente della Repubblica.

Sergio Mattarella ha presenziato, questa mattina, alla cerimonia di Cassino 80° per ricordare il martirio, il sacrificio di tante vittime civili e di tanti soldati quel terribile e devastante 15 marzo 1944.

Era una giornata di sole, bellissima. Come oggi. Eppure alle 8.30 del mattino giunse la prima formazione di bombardieri alleati. E fu l’inizio della fine. Di una città distrutta, rasa al suolo in poche ore. Una battaglia inutile. Proprio come tante, troppe guerre che sono arrivate dopo in tutto il mondo. 

E contro la guerra, in nome della Pace, si sono espressi sia il sindaco Enzo Salera che il Capo dello Stato. Da quella tribuna d’onore faticosamente realizzata dai militari dell’Esercito in pochi giorni, hanno parlato entrambi di monito e di esempio. Ma anche di ricostruzione, di affetto, di capacità di ‘risalire dall’abisso’. Accanto a loro, i ministri della Difesa Guido Crosetto, degli Interni Matteo Piantedosi, delle Riforme Maria Elisabetta Alberti Casellati. E con loro ambasciatori, deputati, il vescovo e l’abate di Monteccassino, numerose altre autorità. 

Ma soprattutto, ad ascoltare le loro parole c’era la città e c’erano i ragazzi, i bambini, gli insegnanti, i genitori e i nonni. Molti dei quali testimoni proprio dei racconti di distruzione e di dolore bellico. 

Questa la versione integrale del discorso del sindaco Salera, che in realtà lo ha pronunciato ‘a braccio’  a causa di un imprevisto sul palco. Un disguido che, tuttavia, ha conferito maggior emozione a quelle parole pronunciate con sincera empatia e trasporto. 

“Una cittadina con più di ventimila abitanti (a quel tempo) letteralmente rasa al suolo. Stessa sorte era stata riservata, esattamente un mese prima, il 15 febbraio, alla nostra millenaria Abbazia di Montecassino, centro di vita spirituale e di trasmissione del sapere nei secoli.

Sotto le sue macerie perirono centinaia di cassinati lì rifugiatisi con la convinzione di trovare riparo in luogo sicuro. Così non fu, purtroppo.

Cattiva sorte legò così Cassino ad altre città che, in diverse parti del mondo, imboccarono, loro malgrado, la strada del martirio. Per la prima volta nella storia della seconda guerra mondiale un bombardamento a tappeto di proporzioni enormi fu effettuato contro un bersaglio molto circoscritto, di natura non militare: un centro abitato che siestendeva su qualche chilometro quadrato. Fu concepito, il bombardamento, nelle alte sfere militari alleate, come ilpreludio alla vittoria sui tedeschi asserragliati dietro la linea “Gustav”. Almeno queste le intenzioni.

Ma fu un’azione che molti esperti, in seguito, giudicarono (al pari di quanto avvenne per l’Abbazia) militarmente sbagliata, visto che i suoi effetti impedirono poi ai carri armati alleati di avanzare a sostegno della fanteria: le macerie sulle strade e le voragini prodotte dalle bombe, che le prolungate piogge torrenziali trasformarono in un pantano costellato da ostacoli e voragini, costituirono infatti un’altra formidabile barriera difensiva a vantaggio dei tedeschi. Sotto quel diluvio di bombe, nascosti nelle cantine e nei rifugi attrezzati in precedenza, subirono pesanti perdite ma riuscirono comunque arestare barricati tra le rovine e respinsero più volte gli attacchi della fanteria neozelandese sostenuta da un continuo fuoco di artiglieria.

Confinata in una sorta di “terra di nessuno”, divisa tra Tedeschi ed Alleati, la popolazione civile subì requisizioni, razzie, rappresaglie, trovandosicostretta a misurarsi con i disagi causati dalle distruzioni: la fame, in primis, lafatalità e la causalità che presiedono al labile confine tra morte esopravvivenza.

La mattina del 18 maggio del ’44 i soldati polacchi del generale Anders, alle ore 10.20, issarono la loro bandiera bianca e rossa sulle rovine di Montecassino, che comunicava la fine di quella che venne considerata la piùgrande battaglia terrestre d’Europa. Quella data segnò anche la fine della lunga“battaglia di Cassino”.

Il fronte si spostò poi verso Roma. La guerra, ritiratasi da qui, lasciava cadaveri, mine inesplose, malaria, miserie atroci. Molti gli sfollati, i profughi, gli orfani che trovarono accoglienza e conforto nella solidarietà delle famiglie di diverse regioni d’Italia e negli aiuti internazionali, mentre faticosamente riprendeva la difficile opera di ricostruzione. Fece seguito “l’altra battaglia” di Cassino come storicamente è stata definita. Siavviò infatti una nuova tormentata stagione, combattuta da una indifesa, inerme, debole popolazione civile, la quale, con amore per la propria abbazia (che volle “com’era e dov’era”), per le terre dei propri avi, per la vita, seppe gettarele basi di una ricostruzione lenta ma graduale della Città. Fu così dato l’avvio al “miracolo della ricostruzione” come è stato chiamato. Anche se, quando ci sirese pienamente conto che il territorio poteva offrire poco o nulla, per molti siaprì la strada della emigrazione. Anche in terre lontanissime come l’America, con nel cuore la speranza in un futuro migliore e la nostalgia per i cari da cui si era costretti a staccarsi.

A distanza di 80 anni da quella tragica pagina della Storia che ebbe come protagonisti Cassino, la sua popolazione e gli eserciti provenienti da tutto il mondo, ci troviamo qui oggi, signor Presidente, in una città viva, che ha saputorinnovarsi, guardando al presente e al futuro, senza mai distogliere lo sguardoda quella ferita, insanabile, impressa sui volti e sulle anime dei padri, delle madri e dei giovani di allora che vissero in prima persona l’immane tragedia della guerra.

Una straordinaria comunità locale solidale ed accogliente arricchisce oggi una città aperta verso il mondo ma che resta sempre a misura d’uomo: una città dove le famiglie, i giovani, gli studenti (tanti anche stranieri di oltre 50 paesi) della nostra Università, trovano nuovi spazi di socialità, di formazione, di cultura e condivisione. Luoghi dove si alimentano le più sane energie di un territorio di cui da sempre Cassino è riferimento istituzionale, economico, civico e culturale.

Questo è oggi possibile grazie a quello spirito di servizio dal quale ci lasciamo ispirare, da amministratori e prim’ancora da cassinati.

La nostra è una città emblema del martirio compiuto per la libertà. Ma, al contempo, è conosciuta, grazie al lavoro di riconciliazione tra nazioni svolto dopo il conflitto, come un tangibile simbolo di pace. Quella pace tra popoli e culture necessaria, indispensabile, oggi più di ieri, in un mondo che vede contrapporsi, tristemente, in Ucraina, in Medio- Oriente, ma anche in Africa e in tanti altri Paesi, tormentati da conflitti cosiddetti “dimenticati”, comunità che un tempo ebbero la forza di superare le differenze convivendo nella tolleranza e, in alcuni casi, finanche nell’armonia.

“La guerra alimenterà se stessa”: questa frase dello storico romano Tito Livio è purtroppo tornata particolarmente attuale oggi, in un’epoca in cui il proliferaredelle guerre nel mondo innesca una spirale apparentemente ineluttabile di aumento delle spese militari. Un aumento esponenziale, che ha raggiunto nuovirecord, mentre si fatica a reperire le risorse per servizi essenziali come la scuolao la sanità.

Questo Ottantesimo anniversario, infatti, è assai rilevante anche per la particolare congiuntura internazionale in cui viene a cadere. Una congiuntura che si caratterizza per una prolungata e assai acuta crisi politica, sociale, economica e ambientale che, come quella che causò la seconda guerramondiale, è figlia di uno di quei complessi passaggi che il ciclo economico e laStoria puntualmente ci ripropongono. Il passaggio cioè tra un vecchio assettodel mondo che va scomparendo a causa delle straordinarie trasformazioniindotte da un incessante progresso tecnologico, e un nuovo mondo che fatica aprendere forma. E’ uno di quei “chiaroscuri” – per dirla con Antonio Gramsci -che può generare mostri. Il mostro delle crisi distruttive, dei nazionalismi, dei fondamentalismi, della xenofobia, dell’autoritarismo, della guerra. Oggi questi mostri, che sempre si ripresentano nei delicati tornanti della storia, trovano terreno fertile nello smarrimento delle comunità internazionali confuse, spaventate, angosciate da sfide epocali. A partire dai cambiamenti climatici, dalle grandi migrazioni, dal progresso tecnologico che mettono in discussione le certezze che si credeva aver assicurato per sempre al nostro futuro.

Ma noi siamo eredi di una memoria carica di lezioni e di valori. Mi riferisco alla memoria storica. Essa è come un giardino: va curata, altrimenti si ricoprirà di erbacce e i fiori dei giusti scompariranno, divorati. Ce lo siamo ricordati spesso in altri momenti. Lo faccio anche oggi in questa solenne cerimonia come monito per ciascuno di noi e in particolare per i nostri giovani, a cui noi affidiamo il “testimone della memoria” che deve fungere da imponente contraltare alla guerra e principale propulsore di pace.Quei “fiori” sono persone, giovani che in questa terra d’Italia hanno lottato anche per la nostra libertà, pagando con la vita. Quello che siamo noi oggi – ricordiamolo sempre – lo dobbiamo ai tanti giovani di allora che immolarono le loro vite nell’adempimento di un supremo dovere. Se li dimenticassimo, morirebbero una seconda volta. Ma cominceremmo anche noi a svuotarci di valori, a impoverirci nella nebbia storica dei fatti.

Grazie alla Resistenza (anche il nostro territorio ha avuto, come è noto, la sua Resistenza e i suoi martiri innocenti. Bastiricordare tra quest’ultimi i 42 trucidati, tra i quali 15 bambini, di Vallerotonda del 28 dicembre 43, e il carabiniere Vittorio Marandola, di Cervaro, decorato di medaglia d’oro al valor militare), e grazie a quanti seppero opporsi, al coraggio dei nostri padri, a chi ci venne in aiuto, abbiamo conquistato la libertà e la democrazia, che ci hanno assicurato il progresso economico, mentre un lungo periodo di pace ha sostanzialmente caratterizzato la vita della nostra Europa, purtroppo interrotto due anni fa dall’aggressione della Russia all’Ucraina.

La libertà e la democrazia: a noi il dovere di continuare a difendere l’una e l’altra. E’qui, in questo impegno da rinnovare continuamente il senso vero di cerimonie celebrative come questa di oggi. Pur se difronte alla tragedia che si sta consumando in Ucraina, nella martoriata striscia di Gaza e in altre parti del mondo sembra che il ricordare non serva, tanto poi l’uomo non impara nulla dalla Storia, dalle tragedie del passato. Nonostante ciò – ripeto – è nostro dovere ricordare ciò che è stato, ammonire che non abbia a ripetersi, impegnarsi nella ricerca incessante della pace. Noi pensiamo di poter costruire la pace partendo dall’educazione delle giovani generazioni, camminando insieme a loro lungo le strade della nonviolenza e della mondialità, con spirito di fratellanza, rispetto delle differenze culturali e religiose, occasione di dialogo e di arricchimento. A questi nostri giovani cui guardiamo con fiducia, come asse portante del nuovo, come linfa del rinnovamento, nella consapevolezza che i valori non vengono trasmessi soloper eredità, inalterabili ed eterni, ma che bisogna sempre ricominciare a costruirli, continuamente, difenderli e volerli.

Grazie, presidente Mattarella, per il sentimento di vicinanza e di solidarietàtestimoniato dalla sua presenza qui oggi. Un sentimento che – come ebbe a ricordare in questa stessa piazza, dieci anni or sono, il suo predecessore, il compianto presidente Giorgio Napolitano – “non può considerarsi concluso, non può mai archiviarsi e consegnarsi al passato, perché si rivolge a famiglie e a una comunità la cui spaventosa sofferenza si è trasmessa da una generazione all’altra”.

Infine, ancora grazie signor Presidente, perché  con Lei oggi qui c’è lo Stato e l’intera comunità’ nazionale ad onorare la memoria di quei bambini, quelle donne e quegli uomini vittime civili innocenti e di quelle migliaia di soldati provenienti da ogni angolo della terra, dalla Polonia al nord Africa, dalla Nuova Zelanda al Canada, dall’India alla Francia e dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna, che con il loro sacrificio hanno assicurato alla nostra amata Patria ottanta anni di Pace, di Libertà e di Democrazia”.

Ed ecco il testo del discorso del Presidente Mattarella, che appena giunto a Cassino ha deposto la corona d’alloro al monumento ai Caduti e poi ha raggiunto il palco. Dopo la preghiera del Vescovo Mons. Gerardo Antonazzo, le parole del Capo dello Stato:

“Nella drammatica storia della Seconda Guerra mondiale, con le sue immani sofferenze, Cassino, la città e il suo territorio, queste popolazioni, sono tragicamente entrate nell’elenco dei martiri d’Europa, accanto ad altri centri come Coventry, come Dresda.

Gli storici ci consegnano un numero così alto da essere terrificante di migliaia e migliaia di vittime delle diverse armate, della popolazione civile, degli abitanti di questa città, di questo territorio, come conseguenza dei 129 giorni di combattimenti qui avvenuti.

I cimiteri, e quelli di guerra, dedicati ai combattenti fanno qui corona e ammoniscono.

Una tragedia dai costi umani – ripeto – di dimensioni umane spaventose.

In questa terra avvennero scontri tra i più cruenti e devastanti.

E mentre un sentimento di pietà si leva verso i morti, verso le vittime civili, non può che sorgere, al contempo, un moto di ripulsa da parte di tutte le coscienze per la distruzione di un territorio e delle sue risorse, per l’annientamento delle famiglie che lo abitavano, nel perseguimento della cieca logica della guerra, quella della volontà di ridurre al nulla del nemico, senza nessun rispetto per le vittime innocenti.

Lutti e sofferenze pagate in larga misura dalla incolpevole popolazione civile, a partire da quel funesto bombardamento del 15 febbraio contro l’Abbazia, nella quale, con i monaci, perirono famiglie sfollate, tante persone che vi si erano rifugiate contando sull’immunità di un edificio religioso, espressione di alta cultura universalmente conosciuta.

Ma la guerra non sa arrestarsi sulla soglia della barbarie.

L’offensiva della coalizione contro il nazismo, che aveva occupato – e opprimeva – l’Italia, rase totalmente al suolo la città e la storica Abbazia.

Questo territorio, all’indomani degli eventi bellici, si presentò completamente distrutto: case, chiese, strade, ponti, ferrovie, scuole.

A quella comunità così duramente colpita, a quelle donne e a quegli uomini contro cui la furia bellica si manifestò in tutta la sua disumanità, la Repubblica esprime oggi affetto e rimpianto e, nel ricordo, si inchina alla loro memoria.

Rende omaggio a un eroismo silenzioso nel tempo della sofferenza, e alla loro orgogliosa volontà di far riprendere la vita in quello che era divenuto un campo di rovine.

Ricordiamo come un gesto eroico quello di trovare dentro di sé le risorse per porre mano immediatamente alla ricostruzione.

Anche dell’Abbazia, faro di civiltà, avviata – questa ricorstruzione dell’Abbazia – ancor prima della conclusione del conflitto.

Toccò al primo Presidente del Consiglio dei ministri espresso dal Comitato di Liberazione Nazionale, Ivanoe Bonomi, porne la prima pietra già nel marzo del 1945.

Cassino martire. Ma Cassino anche protagonista, straordinaria testimone di questa risalita dall’abisso.

Un abisso che inghiottì anche migliaia di giovani di altri Paesi che morirono combattendo contro gli oppressori dell’Italia e che ricordiamo con commozione e con riconoscenza.

La strada della libertà è stata segnata dal sacrificio e dal coraggio degli uomini che combatterono coraggiosamente – e tanti vi persero la vita – in questi territori, prendendo parte alla lotta di Liberazione, per far sì che prevalesse la pace nel Continente dilaniato da nazionalismi e da conflitti e che non avessero a soccombere le ragioni dei diritti delle persone e dei popoli.

Quello che l’Italia ha compiuto in Europa in questi decenni è un cammino straordinario di pace e di solidarietà, abbracciando i valori dell’unità del nostro popolo, della democrazia, dell’uguaglianza, della giustizia sociale.

Valori che gli italiani vollero consacrati con la scelta della Repubblica e con la Costituzione.

Insieme ad una affermazione solenne, tra le altre: il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo per la risoluzione delle controversie internazionali.

Sono queste le poche parole dell’art.11 della nostra Costituzione che contiene le ragioni, le premesse del ruolo e delle posizioni del nostro Paese nella comunità internazionale: costruire ponti di dialogo, di collaborazione con le altre nazioni, nel rispetto di ciascun popolo.

Vent’anni dopo quei drammatici eventi, Papa Paolo VI, nel momento di inaugurare la ricostruita Abbazia, volle tributare alla figura di San Benedetto il riconoscimento di essere Patrono d’Europa. Lo volle definire “Messaggero di pace, realizzatore di unione, maestro di civiltà”. 

La nuova Abbazia ha la stessa vocazione ma ambisce anche a essere prova di un’accresciuta consapevolezza degli orrori della guerra e di come l’Europa debba assumersi un ruolo permanente nella costruzione di una pace fondata sulla dignità e sulla libertà.

Ne siamo interpellati.

Sono mesi – ormai anni – amari quelli che stiamo attraversando.

Contavamo che l’Europa, fondata su una promessa di pace, non dovesse più conoscere guerre.

Ai confini d’Europa, invece, anzi dobbiamo dire dentro il suo spazio di vita, guerre terribili stanno spargendo altro sangue e distruggendo ogni remora posta a tutela della dignità degli esseri umani.

Bisogna interrompere il ciclo drammatico di terrorismo, di violenza, di sopraffazione, che si autoalimenta e che vorrebbe perpetuarsi.

Questo è l’impegno della Repubblica Italiana.

Far memoria di una tragedia, una battaglia così sanguinosa, come quella di Cassino – che ha inciso nelle carni e nelle coscienze del nostro popolo e di popoli divenuti nostri fratelli – è anche un richiamo a far cessare, ovunque, il fuoco delle armi, a riaprire una speranza di pace, di ripristino del diritto violato in sede internazionale, della dignità riconosciuta a ogni comunità.

Cassino esprime un ricordo doloroso di quanto la guerra possa essere devastante e

e distruttiva, ma è anche un monito a non dimenticare mai le conseguenze dell’odio, del cinismo, della volontà di potenza che si manifesta a più riprese nel mondo.

Cassino città martire.  Cassino città della pace.

Questo il messaggio forte, intenso, che da qui viene oggi.

È questo il traguardo a cui ambire.

È questa la natura dell’Europa, la sua vocazione, la sua identità.

È questa la lezione che dobbiamo tenere viva, custodire, trasmettere sempre, costantemente”. 

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